LEGALITA’ VS. NORMALITA’ di Antonio Salvati
by Madreterra Magazine Palmi · 25 Marzo 2021
La città LEGO
LEGALITA' VS. NORMALITA'
di Antonio Salvati
Altri articoli del numero 37 L'INCREDIBILE STORIA DEL NUOVO OSPEDALE DI PALMI... di Ernesto Mancini LA NOSTRA TERRA E LE CERTEZZE DI PAVESE di Arcangelo Badolati LA CALABRIA E I CALABRESI di Carmela Gentile LA TORRE SARACENA di Eugenio Crea IL POPOLO DI MEZZO: MIMMO GANGEMI di Arcangelo Badolati RISTORAZIONE: IL FUTURO PASSA... di Walter Cricrì GENTE DI CALABRIA di Chiara Ortuso LA DANZA DELLA VITA di la Redazione ALAN LOMAX di Federica Legato
Ho sempre avuto un rapporto strano con il concetto di legalità.
Come magistrato, parlarne e confrontarmi con la società civile sul suo significato è un vero e proprio dovere: e, per questo, ringrazio gli amici di Madreterra per l’invito a scriverne di tanto in tanto, spero senza annoiare.
Come cittadino, però, sono molto preoccupato per questa necessità continua e urgente di farlo: e lo sono ancora di più come cittadino che vive in Calabria ormai da oltre vent’anni.
Perché, per come la vedo io, si parla tanto – si deve parlare tanto – di ciò che non si conosce, o si dovrebbe conoscere meglio.
Invece, per me, la legalità non è – non dovrebbe essere – un valore da conoscere, da conquistare.
E’ – dovrebbe essere – un dato di fatto ovvio. Una precondizione, un elemento indispensabile ma scontato: come l’ossigeno che respiriamo. E’ semmai il suo contrario, l’illegalità, che dovrebbe essere l’eccezione da studiare e prevenire, e poi punire.
Quando mi chiedono di descrivere con un’immagine la legalità, ricorro sempre allo stesso esempio: una città di mattoncini. Quelle fatte con i Lego, lo ricorderete: casette tutte uguali, con i colori squillanti, gli alberelli nel parco, gli incroci precisi e regolari, il traffico quieto delle macchinine, l’ospedale, la scuola con i bambini che attraversano in fila con la maestra sulle strisce pedonali, il municipio, il tribunale, i negozi e così via.
Ecco, tutto quell’ordine e la serenità che da questo promana sono frutto, a ben vedere, proprio del rispetto delle regole. Di quei precetti che noi, riunendoci in comunità, abbiamo deciso di darci.
Basta che uno costruisca come gli pare, oppure lasci a metà la casetta, o ancora non rispetti gli incroci oppure corra a cento all’ora dove ci sono le strisce pedonali, e il miracolo svanisce. La bellezza non c’è più, e neppure la quiete. E si vive male.
Ecco perché al concetto di legalità io preferisco, nel mio intimo, quello di normalità.
Può sembrare solo un artificio retorico, ma secondo me non è così.
Il limite che io percepisco nel concetto di legalità, per come viene (quasi) sempre inteso, è che declinato in questo modo appare un qualcosa di estraneo, di lontano. Di freddo. Un obiettivo che si delinea là, all’orizzonte, e che dobbiamo raggiungere con un lungo e faticoso cammino fatto soprattutto di rinunce a libertà individuali.
Non è così. Non è affatto così.
La capacità di un meridionale, di un calabrese, di un palmese di “vivere la legalità” non è inferiore a quella di un trentino o, addirittura, di un tedesco o di un inglese. Non deve essere “educata”.
E’ una semplice questione di regole: si rispettano, o non si rispettano. Tutto qui. Com’è ovunque.
Nel primo caso, vinciamo tutti. Nel secondo, anche se chi viola la legge viene punito, perdiamo tutti lo stesso: specie se a non rispettare la legge sono in tanti, troppi.
Di sicuro – non possiamo certo nasconderci – questi fenomeni al Sud, e in Calabria, hanno un’incidenza quantitativamente maggiore: e questo, per tutta una serie di cause, anche e soprattutto storiche, sulle quali è giusto interrogarsi ma anche tanto complicato intervenire.
Non si tratta però di una mutazione genetica, o di una diversità antropologica. Niente che sia scritto nel nostro DNA.
E’ solo una questione di sommatoria di scelte individuali, e di numeri.
Ecco perché trattare la legalità come un valore formale significa sminuirla, e per certi versi ridurla a un feticcio che si isterilisce e che produce essa stessa sterilità: come, ad esempio, quando mi chiedono se il Festival Nazionale di Diritto e Letteratura, che Palmi organizza dal 2014, è un evento “di legalità”. Oppure, peggio, quando lo danno addirittura per scontato.
Perché per tanti, per troppi, un evento culturale che si tiene in Calabria deve per forza avere a che fare con la “legalità”: e questo, anche se si parla di libri, di romanzi, di musica, d’arte. Come in ogni altra manifestazione del genere.
E’ dunque sbagliato parlare di legalità?
Ovviamente no, ma bisogna fare attenzione a come lo si fa, specie con i giovani. A come si dipinge il contesto in cui se ne analizza il contenuto. Perché se in una terra tutto è – più o meno – illegale, come troppo spesso impone una certa lettura anche dei mezzi di informazione, è illegale anche la speranza.
E’ per questo che, secondo me, bisogna far passare un messaggio diverso: la legalità come condizione ovvia e necessaria per ottenere quel che desideriamo: la serenità, la bellezza e, soprattutto – appunto – la normalità.
Nella normalità c’è tutto: la legalità, certo, ma prima d’ogni altra cosa il rispetto dell’altro, e quindi di noi stessi. Perché ricordiamolo: noi siamo sempre l’altro, anche se spesso fingiamo di non saperlo.
Decidere di chiedere i giusti permessi prima di costruire oppure non sversare a mare liquami e rifiuti – e qui la criminalità organizzata, fatemelo dire, non c’entra niente, e non la si può prendere a giustificazione come pure ogni tanto qualcuno prova a fare – significa semplicemente rispettare quel che siamo, quel che meritiamo di essere.
E questo, prima ancora di dover ricorrere all’Apologia di Socrate per ripetere che le leggi vanno sempre rispettate. Anzi: se passa questo concetto, di Platone non abbiamo più bisogno. Perché rispettare se stessi è – dovrebbe essere – normale, appunto.
E’ la normalità, quindi, che auguro a questa terra.
Anzi, è di normalità che di questa terra ha infinito bisogno: a partire dal primo, fondamentale diritto. Quello alla salute. Non è un caso, infatti, che in quella piccola città ideale che ho descritto poco fa, l’ospedale era il primo degli edifici pubblici.
Brecht fa dire al suo Galileo che è sventurata assai la terra che ha bisogno di eroi. Aveva ragione, e non conosceva la Calabria.
Una terra speciale, che non riesce sempre ad essere normale.
Altri articoli del numero 37 L'INCREDIBILE STORIA DEL NUOVO OSPEDALE DI PALMI... di Ernesto Mancini LA NOSTRA TERRA E LE CERTEZZE DI PAVESE di Arcangelo Badolati LA CALABRIA E I CALABRESI di Carmela Gentile LA TORRE SARACENA di Eugenio Crea IL POPOLO DI MEZZO: MIMMO GANGEMI di Arcangelo Badolati RISTORAZIONE: IL FUTURO PASSA... di Walter Cricrì GENTE DI CALABRIA di Chiara Ortuso LA DANZA DELLA VITA di la Redazione ALAN LOMAX di Federica Legato