LA GOLIARDIA PALMESE – Non bisogna mai prendersi troppo sul serio…

Madreterra Magazine Palmi

LA GOLIARDIA PALMESE

NON BISOGNA MAI PRENDERSI TROPPO SUL SERIO...

di Arcangelo Badolati

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Ritrovarsi nelle calde ore del pomeriggio d’estate in piazza Primo Maggio, oppure a spasso in certe notti d’inverno, un tempo poteva costare caro persino ai Premi Nobel. Già, perchè si rischiava di finire tra le grinfie d’ineffabili burloni capaci di combinarne una più del diavolo. Alla tradizione secolare di Palmi deve infatti ascriversi, oltre che la cultura, pure la goliardia.

L’arte dell’ironia, la gioia dello scherzo, l’estemporaneità delle goliardate hanno da sempre animato la vita cittadina. Nessuno, dal più serio ed affermato professionista al più improbabile degli sventurati, è mai scampato alla “coglionella”. Tra le “imprese” storiche nei ricordiamo tre.

La prima. Compiendo degli scavi in località Scinà saltò fuori, più di trent’anni fa, una necropoli. La circostanza indusse amministratori e appassionati a richiedere il celere intervento della Sovrintendenza. Da Reggio, gli esperti partirono all’indomani, di buon mattino, alla volta di Palmi. Di mezzo, però, c’era stata la notte, addolcita da una luna che illuminava l’area del sito. E qualcuno aveva pensato di sotterrare, accanto ai reperti, degli oggetti moderni e, al tempo stesso, straordinariamente indispensabili. Così, quando gli archeologici esaminarono il sito, notarono della terra smossa e ordinarono agli operai di scavare. Le zappette riportarono lentamente alla luce delle tazze da gabinetto, bianche e splendenti, con un enorme biglietto stilizzato che recava una inequivocabile scritta a futura memoria: “Pompei ‘nda suca!”.

Gli amministratori rimasero male e pure gli esperti, ma centinaia di persone si sganasciarono dalle risate.

Alcuni anni dopo, con l’avvento della televisione a colori, il Circolo dei Cacciatori – detto dei “Lepri” – si attrezzò di una nuovissima tv di marca per seguire i Mondiali di Calcio.

L’esordio della Nazionale di Bearzot avrebbe segnato l’avvio della visione comune del campionato che si disputava in Argentina. Ancora una volta, però, i soliti buontemponi, travestiti da Finanzieri irruppero nel regno dei “Lepri” sequestrando l’apparecchio televisivo, apponendovi un decreto chiaramente fittizio e dei bolli intestati alla “Guardia di Finananza”. Nessuno s’accorse della “na” di troppo e scoppiò l’angoscia collettiva. Vennero perciò contattati avvocati e giudici per risolvere il problema fino a quando, dopo un giornata intera di tribolazione, venne fuori la verità: era una meravigliosa goliardata e quelli arrivati al circolo non erano esponenti delle Fiamme gialle ma gli autori di uno scherzo clamoroso.

Era invece un giorno d’estate degli anni 80 quando, sulla scia della celebre pellicola firmata da Steven Spielberg, comparve intorno a mezzogiorno, il 15 agosto, la pinna gigantesca e scura di uno squalo da dietro lo Scoglio dell’Ulivo che puntava dritta prima verso la spiaggia dell’Ulivarella e poi della Lampara. Scoppiò il panico: migliaia di persone accampate con gli ombrelloni lungo l’arenile che arriva sino al porto, scattarono in piedi. I surfisti – all’epoca andava di moda pure se non c’era un alito di vento – abbandonarono le tavole per rifugiarsi, nuotando alla velocità della luce, sugli scogli. Lo “squalo” si mosse per qualche minuto per poi di nuovo scomparire dietro la punta dello Scoglio dell’Ulivo.

Ad attenderlo c’era una barca ben nascosta su cui i due subacquei che dal fondo facevamo muovere in superficie la pinna – fabbricata qualche giorno prima in una falegnameria della zona Macello – presero velocemente posto, liberandosi delle mute. Torneranno un’ora dopo al lido “La Lampara” chiedendo lumi alla gente terrorizzata che non trovava più il coraggio di tuffarsi in acqua. Il giorno dopo la notizia campeggiò a nove colonne sui giornali locali: “Squalo bianco alla Tonnara”.

                                                               

 

Ecco, Palmi è anche questa. Una città nella quale venivano cambiate nottetempo le intestazioni del corso – da Garibaldi a “Cesare Pettu i focu”-, delle piazze – da Primo maggio a “Bulone schiavo del dado” e da Cavour a “piazza della Signoria” per via del momentaneo trasferimento in quel luogo del Circolo degli Ufficiali -. Una città nella quale venivano allestiti monumenti ai “Vitelloni”, trasformati gli alberi di Natale apponendovi iscrizioni dedicate alle “Voci calde del Tirreno”, riaccese durante la Festa di San Rocco le luminarie che a una certa ora venivano spente, cambiate le funzioni commerciali degli esercizi pubblici – clamorosa la trasformazione di uno studio fotografico in una rivendita di pneumatici – e prodotti settimanalmente manifesti goliardici per prendere in giro amministratori, personaggi e associazioni.

Uno dei più celebri manifesti riguardò il serial televisivo “La piovra”. Quando, infatti, nell’ultima puntata venne ucciso il commissario Cattani comparve in tempo reale il manifesto funebre per le strade di Palmi. E la cosa fu tanto originale e simpatica che la domenica successiva il protagonista della serie, Michele Placido, ne parlò divertito a Domenica In con Pippo Baudo. Eppoi la satira con i tanti libri – pensate al “Bi e Bò” – ricchi di vignette e testi divertentissimi, oppure i programmi radiofonici, diventati pure spettacoli teatrali, come il celeberrimo “Alto Gradimento” che ebbe tra i sui principali personaggi l’immortale “Padre Flario” e il suo sagrestano “Salvatore Cicciuna”. Che meraviglia… Palmi sa essere maieutica, insegnando a tutti che non bisogna mai prendersi troppo sul serio.

 

 

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