LA CALABRIA E I CALABRESI di Carmela Gentile

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LA CALABRIA E I CALABRESI

TERRA DI MEZZO TRA LA CULTURA GRECA E I TEMPI MODERNI COL CONTORNO DI UN PAESAGGIO DAI COLORI UNICI

di Carmela Gentile

 

Nei mesi scorsi si è fatto un gran parlare della situazione politica e del disastro sanitario di cui (se ne sono accorti solo ora) è vittima la Calabria.

E pensare che il personaggio che ha dato il via al bailamme è stato proprio il supercommissario alla sanità inviato direttamente dal governo per mettere ordine nel guazzabuglio delle ASL, come a voler dire “Al peggio non c’è mai fine”.

Sulla scena politica ovviamente non siamo messi meglio visti i personaggi che ci governano. Insomma, è come se un dio perverso e vendicativo, dispettoso e osceno come un fauno perseguitasse la Calabria rendendola incapace di emendarsi dalla sua perenne condizione di sub cultura e dalla schiavitù del malcostume e della malavita organizzata.

Le regioni del centro – nord, per intenderci, hanno mandato al consiglio regionale personaggi come Zaia, Zingaretti, Giani. Uomini che si sono sempre distinti sulla scena politica e che rappresentano un vanto per la propria regione. La Calabria, dopo la morte improvvisa della sfortunata Jole Santelli, si ritrova, come d’incanto, un presidente F.F. che non ha mai calcato i palcoscenici della politica.

Chi è causa del suo mal pianga sé stesso” recita un proverbio e in effetti è proprio questo il punto: chi sono i calabresi e per quale misterioso motivo accettano che la propria regione sia la palla al piede della nazione e di tutta l’Europa? Le motivazioni sono varie e complesse ma, sicuramente, c’è una sorta di “indolenza” da parte delle istituzioni che non hanno mai avuto a cuore la questione calabrese e che negli anni hanno preferito lasciare la regione in una sorta di limbo, un comodo serbatoio da cui attingere voti, nonché un capro espiatorio delle inefficienze generali da cui è affetta l’intera nazione.

Forse la maggior parte dei cittadini italiani ignora quali nobili origini vanti la Calabria, ignora che il termine “Italia” derivi da “Italòi”, nome con cui i greci designavano la popolazione che risiedeva nell’estrema punta della nazione, la Calabria per l’appunto. Questo la dice lunga sulla considerazione in cui teneva questa terra l’antico popolo che inventò la democrazia, la matematica, la filosofia e l’arte.

La “punta dello stivale” fu, guarda caso, sede della Magna Grecia. Ancora oggi permangono le testimonianze del glorioso passato, soprattutto in alcuni piccoli centri della fascia ionica che conservano la tradizione del “grecanico”, un dialetto derivato dal greco che si parla ancora oggi.

Ma le glorie passate della Calabria non si fermano all’antichità. Fino al 1861 la Calabria era governata dai Borboni e faceva parte del regno delle Due Sicilie, il regno rubato alla storia.
Era una regione fertile, ricca e fiorente e chissà se è un caso che sia caduta in bassa fortuna proprio dopo l’unificazione dell’Italia? Un dubbio amletico che non avremo mai modo di risolvere. Certamente, si dirà, non si può vivere crogiolandosi nel passato. Verissimo. Bisogna crescere e adeguarsi alle altre regioni italiane che sono ben inserite nel contesto europeo.

Ma… c’è un ma, ovviamente. In Calabria non ci sono industrie, fabbriche, grossi imprenditori. I pochi valorosi pionieri che hanno deciso di investire nella propria regione, lo hanno fatto addossandosi enormi difficoltà.
Il senso di tutto questo è che non possiamo farcela da soli, senza l’aiuto di quello stato che è stato velocissimo ad incamerare le risorse della regione nel non troppo lontano 1961, ma che poi non è stato altrettanto solerte nell’investire in maniera razionale nello sviluppo della Calabria.

Concludo rammentando i numerosi giovani che, dopo aver raggiunto l’apice degli studi universitari con grandi sacrifici da parte delle famiglie, sono costretti ad abbandonare la propria terra a favore di regioni più ricche ed accoglienti, o di emigrare all’estero. L’emigrazione delle giovani menti rappresenta una vera e propria emorragia che priva la regione di braccia e risorse e le famiglie degli affetti più cari.
Da calabrese di antica generazione auspico che i miei corregionali prendano coscienza della realtà in cui vivono e pretendano di essere trattati da pari rispetto al resto degli italiani: pari diritto al lavoro e alla salute e pari dignità.

Forse un modo per emendarsi da tale situazione sarebbe quello di promuovere lo sviluppo di un turismo sostenibile che crei risorse per l’intera regione. Se la nostra terra è povera in termini di risorse economiche, infatti, è ricchissima di beni naturali, come se il Supremo avesse voluto ricompensarla dai torti inflitti dagli uomini. Due mari la bagnano in 800 chilometri di coste, le ultime propaggini dell’Appennino la percorrono da nord a sud, rendendo la Calabria terra superba e selvaggia.

Dal basso Tirreno si gode l’incomparabile spettacolo del sole che tramonta su due vulcani in perenne attività e delle isole Eolie che sorgono come bastioni a difesa del tratto di mare più straordinario del mediterraneo dove la biodiversità e i colori sono paragonabili a quelli della barriera corallina. Un turismo intelligente, che rispetti le bellezze di questa terra potrebbe dare impulso all’economia della regione, creare posti di lavoro e recuperare molti di quei suggestivi paesini, soprattutto sul versante ionico, che sono stati inesorabilmente abbandonati dalla popolazione. Ma ogni prospettiva di sviluppo deve essere sostenuta dallo Stato, finanziata e programmata in modo intelligente.

Insomma… la Calabria non è un’isola sperduta nell’oceano, non è terra di nessuno, è una regione italiana i cui cittadini pagano le tasse come ogni altro cittadino. È lecito pretendere che la nostra terra possa godere di un futuro prospero dove far crescere i nostri figli ed i nipoti su un piano di assoluta parità.

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