CHE TEMPI! ANCHE LO SPORT SONNECCHIA

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CHE TEMPI! ANCHE LO SPORT SONNECCHIA

di Rocco Cadile

 

 

In questo periodo di pandemia, abbiamo la sensazione di vivere in un tempo sospeso che ci ha indotto ad un cambiamento delle abitudini sociali e il distanziamento ha influito profondamente anche sul mondo dello sport, sia di base che amatoriale.
E’ trascorso tanto tempo da quando le istituzioni hanno deciso di interrompere le attività sportive, ancora in parte vietate, causando non poco disagio allo sport dilettantistico, uscito fortissimamente malconcio, ma soprattutto alle attività giovanili. Data la lunga pausa, si percepisce un rischio enorme, ovvero che molti ragazzi possano pensare di abbandonare precocemente le attività sportive, creando così una sorta di vuoto generazionale.
Questa considerazione prende corpo dal fatto che a Palmi non si vedono ragazzi interessati a praticare attività sportiva all’aperto, negli spazi liberi della città, con la passione e il coinvolgimento di una volta. I giovani stanno perdendo la socialità, si stanno abituando alla solitudine, o comunque, a contatti virtuali, vivendo “automatizzati” senza essere parte attiva della comunità.
La didattica a distanza ha fatto anche la sua parte. Sappiamo che la scuola non è solo lezione, ma un luogo fisico e mentale in cui ci si incontra e ci si confronta con dinamiche ed emozioni difficilmente riscontrabili in altri ambienti. Così come lo sport, che è passione, voglia di mettersi in gioco, misurarsi, creare obiettivi, formare il carattere.
Lo stesso sport che a Palmi ha formato intere generazioni in varie discipline; un baluardo del concetto di senso di appartenenza alla città. Non possiamo non fare un salto al passato, quando Palmi pullulava di squadre in ogni disciplina: Calcio, Pallacanestro, Pallavolo, Rugby, Atletica. Erano questi gli sport più praticati dai giovani. Si sentivano protagonisti assoluti, ed avevano coscienza di quanto lo sport fosse importante per la loro crescita; legame indissolubile, nato tra gli allenamenti e rafforzato durante il confronto sportivo.
In un momento di stallo e di incertezza, viene spontaneo rievocare il passato, per non obliare i grandi risultati ottenuti. Quelle vittorie che rappresentavano il riscatto della città, assieme ad ogni traguardo raggiunto, erano frutto di passione che regalava emozioni indimenticabili.

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Nella città si respirava aria di compiacimento che coinvolgeva l’intera popolazione. La carica che alimentava quella passione, rendeva più dinamica e viva la quotidianità. Quei giovani, aitanti, intraprendenti, (quelli di oggi, troppo spesso, in sovrappeso e apatici) con forte spirito di emulazione, interpreti di uno sport romantico e puro, stimolati da dirigenti che erano una fucina di valori, avevano lasciato in eredità un patrimonio di esempio sportivo e di virtù.
Beh! Qualcuno dirà: se lo sport sonnecchia non è certamente colpa di chi è deputato a diffonderlo, ma della maledetta pandemia. Io rispondo che si poteva e si deve fare di più. Un giovane con una spiccata cultura sportiva trova il modo di allenarsi anche in situazioni proibitive. Viceversa, ogni scusa è buona per rimanere a casa e interagire in solitudine con i social.
L’esigenza di muoversi, di fare emergere tutto ciò che si ha dentro, di conoscere se stessi e i propri limiti, era la prerogativa di tanti ragazzi che trovavano nello sport la valvola di sfogo.
Ricordo di un servizio al TG1, indimenticabile, che la dice lunga sulla necessità di giocare.
Durante la guerra in Bosnia, una bambina a Sarajevo era sgattaiolata dal rifugio che la proteggeva, ed è stata ripresa mentre giocava con una palla sotto una pioggia di granate. Quel servizio fece il giro del mondo.
Dobbiamo ammettere che il modo di vivere è cambiato. I bambini non hanno più la voglia di giocare e divertirsi. Il loro rifugio è la loro stanza, “abbracciati” al computer o allo smartphone. In attesa che le istituzioni decidano sulle effettive modalità di ripartenza, spetta agli operatori sportivi costruire una nuova comunità sportiva, perché si possa riattivare quello sport popolare che faceva crescere le generazioni, e dove ogni evento era un trionfo di umanità. “L’uomo è interamente uomo soltanto quando gioca”.

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