ANDREA CONCUBLET – IL MARCHESE CHE CAMBIO’ LA STORIA DI PALMI

Madreterra Magazine Palmi

ANDREA CONCUBLET

IL MARCHESE CHE CAMBIO' LE SORTI DI PALMI

di Domenico Bagalà

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LE VIE DEL MARE la Redazione

 

Andrea Concublet, è forse colui che meglio ha interpretato l’utopia greca della polis, che prevedeva l’attiva partecipazione degli abitanti liberi alla vita della Città. Egli ha contribuito fortemente alla nascita di Palmi, già nel seicento “libero Municipio” e ha creato i presupposti per la “Palmi moderna”.

I Concublet in Calabria

Alcuni ricercatori indica- no la famiglia Concublet di origine bavarese, altri però, sostengono la provenien- za inglese. In realtà erano scozzesi, da qui l’appellativo Scullandi (scozzesi). L’equi- voco nasce dallo stemma del casato, di provenienza germanica, ma tale inse- gna fu aggiunta solo dopo il 1525, anno in cui Carlo V im- peratore (sovrano di un “impero sul quale non tramontava mai il sole”), riconobbe il conte Ruggero di Arena suo consanguineo e gli conces- se il titolo di marchese.

I Concublet fanno la loro comparsa a Napoli intorno al 1010, quando il capostipi- te Evandolo sbarcò con un gruppo di compatrioti nella città partenopea.

L’affermazione sociale del- la famiglia fu rapida, e può essere a ben ragione defi nita come un’avventura. Da una relazione extraconiugale del Gran Conte Ruggero I con una donna di casa Concublet, nasce Ruggero primo conte di Arena nel 1125.

Tra fasti e decadenze la famiglia ha fatto la storia della Calabria dal medioevo alla prima età moderna. Nel 1480 fu Gian Cola Conclubet a risollevare le sorti della famiglia avvicinandola ai nuovi dominatori Aragonesi, affiancandoli durante la guerra d’Otranto contro gli infedeli. Gian Cola fu devoto di San Francesco di Paola, ai piedi del quale andò a prostrarsi prima di raggiungere il campo di battaglia. In quest’occasione si racconta che il Santo raffigurò la propria immagine su un lenzuolo con un pezzo di carbone e che, all’improvviso, il tessuto si illuminò di una luce misteriosa.

Nel 1661, Domenico Concublet, non avendo figli, lasciò i suoi possedimenti al fratello Andrea, brillante uomo politico che amministrava anche possedimenti fuori Arena, tra i quali Palmi, Stilo e Gerace. 

Andrea Concublet: un illuminista ante litteram

Concublet, come Epicuro, vuole liberare l’uomo dalla paura indotta dagli dei e dalla morte. Egli vuole adattare alla filosofia il metodo della fisica newtoniana, nel senso del filosofo John Locke, affidando alla ragione la determinazione tanto delle proprie possibilità che dei propri limiti, indipendentemente da ogni verità che si presenti come rivelata o innata, cioè rendere possibile la scoperta non solo delle leggi del mondo naturale, ma anche di quelle dello sviluppo sociale. Allora, usando correttamente la ragione, è possibile un progresso indefinito della conoscenza, della tecnica e della morale: convinzione, questa, che verrà successivamente ripresa e rafforzata dalle dottrine positiviste e illuministe. Queste le basi culturali di Andrea Concublet.

L’ascesa di Andrea Concublet

Andrea nacque in Calabria nel feudo paterno di Arena, il 16 dicembre del 1621, da Francesco marchese di Arena e da Felicia Caracciolo. Della giovinezza e della sua formazione, si sa molto poco (Cfr. F. D’Andrea, Avvertimenti ai nipoti, a cura di I. Ascione, R. Ajello, Jovene, Napoli, 1990, p. 365).

Dalla letteratura si apprende che nel 1661 sposò Ippolita Carafa, figlia del duca di Bruzzano e cognata di Ippolita Cantelmo Stuart, molto nota nei salotti culturali napoletani. Andrea era dotato di “altissimo ingegno” ed aveva “fine notizia d’ogni lettere più squisite”, al dire del Di Capua; la sua curiosità scientifica, di dilettante raffinato, il suo mecenatismo, le sue vaste amicizie in campi ed in classi sociali diverse formavano un singolare contrasto col suo carattere invece discosto e non incline alle mostre. La sua posizione di rilievo fra i nobili del Regno e di benevolenza del popolo di Napoli è testimoniata sia dalla sua partecipazione al viaggio con cui la più influente nobiltà napoletana accompagnò a Roma, nel 1671, il viceré Pietro Antonio d’Aragona, sia dal suo appoggio ai deliberati delle “piazze” di Napoli contrari all’Inquisizione. Il suo maggior merito, tuttavia, fu l’aver legato indissolubilmente il suo nome a quello della più importante accademia napoletana del Seicento”. L’Enciclopedia Treccani alla voce Andrea Concublet, gli dedica un’ampia biografia, soprattutto per aver contribuito alla rinascita, nel 1662, della prestigiosa Accademia napoletana degli Investiganti.

Andrea, presso la corte a Napoli ricopriva il prestigioso incarico di “scrivano di razione” (che era il principale funzionario della Tesoreria Generale del regno). Fu in questi anni che accrebbe un crescente interesse verso la cultura e l’impegno sociale.

L’impegno di Andrea nel sostenere la cultura, non era certo minore di quello profuso nella politica. Infatti, nella residenza di Napoli, l’Accademia degli Investiganti trovò, proprio nel suo salotto (1662), una degna accoglienza; egli fu poi fra i rinnovatori di questa Accademia, alla quale partecipò anche Giovan Battista Vico ed altri autorevoli scienziati e letterati.

L’Accademia degli Investiganti nella Napoli del XVII secolo.

L’Accademia degli Investiganti nacque nel 1650 per opera di un calabrese, Tommaso Cornelio (Rovito, 1614 – Napoli, 28 novembre 1684), scienziato di grande spessore e dai vasti interessi. Cornelio fece conoscere ai letterati napoletani i nuovi fermenti della cultura europea con i testi di Cartesio e Gassendi (Cfr. Biagio de Giovanni, ١٩٧٠).

La rivoluzione scientifica passò attraverso l’Accademia degli Investiganti con gli istituti civili, vi aderirono le più belle menti, che riscuotevano la stima dei cittadini e dei regnanti.

Era una situazione poco gradita agli ambienti curiali, e sfociò in un processo inquisitoriale (Cfr. Luciano Osbat L’inquisizione a Napoli. Il processo agli ateisti (1688-1697)” pubblicato in Napoli da Storia e Letteratura 1974).

Il processo coinvolse alcuni giovani avvocati. Forse si volle mandare un avvertimento preventivo agli intellettuali più famosi. Tuttavia il processo si fermò quasi subito a causa di un terremoto del 5 giugno che impedì gli arresti già previsti, consentendo dunque agli inquisiti di mettersi al sicuro. La vicenda si inserì sullo scontro in atto tra l’aristocrazia e i nuovi ceti emergenti, ansiosi di contribuire al rinnovamento della società e dell’amministrazione statale. Accadde pertanto un evento che – considerando l’epoca – ci sembrerebbe fantascienza: una sollevazione popolare contro l’Inquisizione, che non sortì risultati duraturi.

Nel 1662 Leonardo Di Capua, dopo il ritorno a Napoli del Cornelio con una gran quantità di opere filosofiche francesi e inglesi, discusse con il Marchese Andrea Concublet l’opportunità di dare nuovamente vita a quella gloriosa Accademia degli Investiganti che, nata nel 1650, era stata chiusa nel 1656 a causa della peste. Il modello a cui il Marchese Concublet pensava per la rinascita dell’accademia, era la Royal Society di Londra – il cui segretario, Richard Waller, era amico del Valletta, anch’egli “investigante” – oltre all’Accademia del Cimento, e a diverse esperienze cui il Marchese Concublet aveva partecipato di persona. Sede dell’accademia fu la casa stessa del marchese, fornita anche di un museo di scienze naturali, dove almeno ogni venti giorni i nuovi Investiganti presero a riunirsi per ascoltare e discutere la relazione di uno di essi ed assistere agli esperimenti relativi. Come stemma dell’accademia fu scelto il Cane Bracco, con il motto di Lucrezio “vestigia lustrat”.

La rinascita dell’Accademia è stata considerata il primo segno del risveglio culturale che ebbe luogo a Napoli nel diciassettesimo secolo, che, sotto la protezione di Andrea Concublet, determinò un fortissimo rinnovamento culturale di tutto il meridione d’Italia.

Un’accademia con poche caratteristiche “accademiche” (senza statuto, senza gerarchia definita, senza pseudonimi, senza calendario) che non fosse il risultato di un programma culturale, né l›esito istituzionale di una tradizione, ma piuttosto “un spazio libero” per tutti coloro che credevano al metodo scientifico della ricerca.

Un luogo aperto alla discussione di temi fondamentali per il dibattito politico, culturale e scientifico di Napoli (insegnamento, professioni, sanità), aperto alle opportunità e al confronto con le altre realtà europee, disposto alla necessità di collegare la nuova ideologia scientifica ai problemi civili. 

Questo fenomeno di rinnovamento, fu possibile, sia per la favorevole congiuntura politica del riavvicinamento della Spagna a paesi protestanti quali le Province Unite, l’Inghilterra e i principi tedeschi, sia dall’appoggio di Concublet ai deliberati delle “piazze” di Napoli contrari all’Inquisizione.

È in questo periodo che a Napoli trovano vigore le idee di Cartesio, grazie anche all’opera di due calabresi: nel 1589 Tommaso Campanella, che farà di Napoli il centro del suo pensiero filosofico e della sua azione “politica” e nel 1650 Tommaso Cornelio, professore di matematica e filosofia, personaggio illustre della cultura Calabrese e meridionale del Seicento, disposto a difendere, ad ogni costo, la scienza moderna contro ogni forma di conservatorismo.

Al tempo di Concublet (1662), i letterati non desideravano più un «mecenatismo cortigiano di vecchio stile, ma una partecipazione dei nobili alle proprie adunanze» (Cfr. Salvo Mastellone, 1965, p. 90). La nuova cultura si proponeva come funzione etico-politica, il dialogo tra aristocratici e dotti al di là delle barriere cetuali.

Ecco che cosa scrive un esponente di spicco dell’Illuminismo italiano del XVII sec. Pietro Giannone: L’Accademia istituita a Napoli sotto il nome degli Investiganti tolse la servitù infin allora comunemente sofferta, di giurare in verba magistri, e rendette più liberi coloro che vi si arrolavano di filosofare, postergata la Scolastica, secondo il dettame della ragione

Fu in questo ricchissimo e fervido ambiente culturale che si formò Andrea Concublet, il cui carattere discosto e non incline alle mostre lo ha portato a non volere ritratti né statue, malgrado ciò egli passò alla storia nazionale per il suo mecenatismo e l’attività culturale di cui è stato promotore.

Una ricerca personale condotta a Napoli mi ha portato ad apprezzare e interagire con eccellenti eruditi, come alcuni professori dell’Università l’Orientale, con diversi discendenti di nobili famiglie napoletane come Fabrizio Masucci, Direttore del Museo Cappella Sansevero (il Cristo Velato) discendente diretto del Principe Raimondo di Sangro di Sansevero, con il Presidente dell’accademia Pontaniana, e con alcune associazioni culturali, con le quali abbiamo aperto un “canale di comunicazione”, per aggiornare ed aggiornarci sui risultati della ricerca sul Andrea Concublet, ai quali va il mio ringraziamento per le informazioni e documentazione fornitemi.

Nel prossimo numero conosceremo la sua dimora di Napoli (sede dell’Accademia) e altre notizie inedite. Vi racconteremo quante innovazioni ha introdotto a Palmi sia per lo sviluppo, sia per la formazione culturale, che hanno contribuito alla costruzione della Città moderna. Una sua inedita poesia sul territorio e Palmi; parleremo dei misteri sul suo omicidio, infine vedremo un quadro (non realizzato a Napoli ma a Firenze, presso l Accademia del Cimento), dove vi sono ritratte altre personalità e, suo malgrado, anche il Marchese Andrea Concublet.

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